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RDC: IL SOLITO FALLIMENTO CENTRALISTA

Molto interessante questo pezzo della  rete civica autonomista AeA  sul famigerato rdc, misura assistenzialista, propagandata dal m5s come innovativa e salvifica.

Ricordiamoci tra l’altro che tale movimento era partito parlando di onestà, merito, federalismo alla svizzera (vedasi grillo 2012-2013), democrazia diretta, e si vendeva come innovativo e trasversale a dx e sx.

Oggi ciò Sembra tutto rimangiato. Infatti il m5s  è diventato un partito schierato alla sx del Pd; il federalismo è scomparso e  la democrazia diretta dov’è? In Svizzera ti mandano la busta a casa  tutti i momenti  con la documentazione per votare ai vari referendum, in italia in 10 anni di populismo” grilloide” vi sono arrivate delle buste? Addirittura in Svizzera hanno organizzato un referendum nel 2021 per chiedere ai cittadini se erano d’accordo o meno con il green pass (idea ripresa proprio dai Liberi Elettori) e il 5stelle, allora al governo, tutti zitti! Ormai se la menano solo più con il rdc e l’assistenzialismo. Ricette vecchie e rancide all’italiana. Altro che innovativi!

Vi lasciamo allora al comunicato di AeA, che ci parla  giustamente di lavoro e di previdenza, non di assistenzialismo. E poi di sussidiarietà verticale e orizzontale come piena attuazione dell’art.118 dellacarta costituzionale.

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“Continuano le controverse prese di posizione sul Reddito di cittadinanza e sui suoi limiti oggettivi, oggi sotto gli occhi di tutti. Secondo il patto Autonomie e Ambiente (AeA), rete di forze territoriali rappresentata e guidata dal Patto per l’Autonomia Friuli-Venezia Giulia, con il supporto del partito politico europeo Alleanza Libera Europea – European Free Alliance (ALE/EFA), il giudizio sulla misura è quello di un vero e proprio fallimento, né più e né meno del pasticcio della sua frettolosa abolizione, avvenuta nel cuore di un estate difficile, d’inflazione e quindi d’impoverimento generale.

Amministratori e attivisti dei diversi territori della rete, non solo non hanno mai condiviso la struttura e i meccanismi della discussa misura, ma soprattutto hanno guardato con giustificato sospetto al suo affidamento all’INPS, un ente centrale che non aveva alcuno strumento, né alcuna competenza in materia di emancipazione dei poveri e di vicinanza alle persone fragili e inabili al lavoro.

L’assistenza, ma ancora di più l’emancipazione dalla povertà di chi è in difficoltà o è inabile al lavoro, fanno parte dei diritti inviolabili della persona umana, protetti dagli articoli 2 e 3 della Carta. L’art. 38 concretizza il diritto a essere assistiti: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. (…) Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera”.

Quali siano gli organi e gli istituti che devono essere messi in campo è chiarito dalla divisione dei compiti fra Stato e regioni sancita dall’art. 117. Tocca evidentemente alle autonomie locali occuparsi di protezione degli inabili al lavoro e l’emancipazione di chi è povero. Le Regioni possono legiferare in materia, mentre ai comuni spetta di operare concretamente e direttamente.

Devono trovare piena attuazione i principi dell’art. 118, di sussidiarietà verticale (portando l’azione amministrativa al livello più vicino possibile ai cittadini di ogni comunità) e di sussidiarietà orizzontale (riconoscendo il ruolo decisivo delle istituzioni caritative autonome, molte delle quali sono parte decisiva della storia e dell’identità delle nostre comunità).

Si deve porre fine a decenni di confusione legislativa, di invadenza dei poteri centrali sulle autonomie, di confusione fra assistenza e previdenza, di dispersione e di spreco dei patrimoni degli enti assistenziali e delle risorse fiscali, di cui il “reddito di cittadinanza” è stata solo l’ultima manifestazione.

Il sovrapporsi di troppe leggi e leggine ha finito per creare una costellazione di enti e strumenti assistenziali in nessun modo coordinati fra di loro, finendo per creare terreno fertile per l’assistenzialismo, il clientelismo, le piccole furbizie, o anche vero e proprio malaffare organizzato. Gli ultimi governi – tecnici, populisti, di centrosinistra, di centrodestra – in questa materia sono stati tutti assolutamente distratti, inadeguati, quando non addirittura perniciosi.

Il centralismo si deve ritirare da ciò che può essere gestito solo dai sindaci e dagli amministratori locali, con i loro assistenti sociali, coordinandosi con le iniziative assistenziali e caritative presenti nei propri territori.

L’emancipazione dalla povertà e la protezione della persona inabile possono essere affrontate solo nella prossimità, da persone responsabili che conoscono le persone bisognose, perché vivono nella stessa comunità, come – ribadiamolo – previsto dalla Costituzione all’art. 118, secondo “princ??pi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.

Tutte le risorse e tutti i poteri, in materia di assistenza pubblica e di coordinamento dell’assistenza civica, devono tornare al più presto ai comuni.”


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